“Hai già visitato la casa museo Boschi Di Stefano?” Me lo chiese un amico qualche tempo fa e rimasi spiazzata perché non sapevo dell’esistenza di ciò che avrei scoperto essere una meraviglia milanese.
La casa, costruita dall’architetto Portaluppi, si trova al civico 15 di via Jan, in un’area vicina a Porta Venezia. Fu voluta da Francesco Di Stefano per accogliere i suoi figli; al secondo piano, in quella che oggi è la casa-museo, si trasferì Marieda dopo il matrimonio con Antonio Boschi.
L’appartamento è un gioiello di edilizia residenziale dell’epoca. La struttura, che è concepita con visione moderna: grande area di convivenza godibile in un soggiorno angolare e biesposto, pieno di luce; pochi corridoi; muri importanti dove i quadri sono protagonisti. Una straordinaria collezione di opere del XX secolo frutto della passione e della costante ricerca dei due coniugi uniti dall’amore per l’arte. Durante la visita camminai per quelle stanze, osservando le opere, mi soffermai vicino al pianoforte e immaginai le giornate e le serate di Marieda e Antonio.
Nei giorni successivi continuai a pensarci, immaginavo lei in abito lungo, una perfetta maestra di ricevimento; e lui al suo fianco con lo smoking e un bicchiere in mano che sorrideva ai giovani artisti ospiti delle serate danzanti. Decisi che avrei dovuto saperne di più, desideravo trovare qualcuno che mi potesse parlare di loro e di quel periodo così ricco nel panorama artistico.
Feci qualche ricerca ed ebbi l’occasione di entrare in contatto con uno dei loro nipoti, l’architetto Francesco Mendini con il quale tornai nella casa e chiacchierai per un po’. L’architetto condivise con me i suoi ricordi, mi parlò di quegli anni in cui, ancora giovanotto, frequentava la casa degli zii spinto da una forte passione per l’arte e per ciò che lì poteva ammirare e imparare. Mi descrisse i sabati pomeriggio in cui lui andava da loro per ascoltare la musica, in casa c’era odore di vernice fresca e i due coniugi si adoperavano per appendere i nuovi acquisti.
Ho ripensato spesso a quel pomeriggio di chiacchiere e da allora, ogni volta che mi capita di passare in bicicletta davanti alla palazzina di via Jan la mia immaginazione dà vita a episodi della storia di Marieda e Antonio. Uno di questi l’ho scritto, così è nato il racconto di una serata alla quale mi sarebbe piaciuto partecipare.
Marieda aveva i capelli scuri con le onde e per le serate importanti li raccoglieva in un’acconciatura morbida; metteva un fermaglio sottile fatto da piccoli brillanti, glielo aveva portato Antonio dall’ultimo viaggio a Parigi. Indossava un abito nero lungo in seta con le spalline sottili che lasciavano scoperti la schiena e il décolleté, era morbido e avvolgeva la sua figura con delicatezza. Un filo di perle sul braccio e qualche goccia di profumo.
“Mi aiuti con il nodo?” Le chiedeva Antonio mentre era alle prese con il papillon. Per gli uomini era facile, bastava indossare lo smoking, non c’era bisogno di cambiare ogni volta vestito.
Marieda si avvicinava, gli faceva il nodo e gli metteva a posto quel piccolo ciuffo che non si faceva domare dalla brillantina.
“Chi c’è stasera?” Chiese lui.
“Ho invitato Lucio, vorrei presentargli qualcuno dei nostri amici.”
“Mi occupo io della musica?”
“Come sempre tesoro.”
Marieda andò in cucina per assicurarsi che fosse tutto pronto e chiese alla cameriera di cominciare con lo champagne.
“Tesoro.” Disse mentre tornava in camera da Antonio.
Lui la guardò, lei stava sulla porta e si sistemava i capelli sulla nuca.
“Sei bellissima.” Le disse mentre si avvicinava per darle un bacio sulla spalla nuda.
Lei sorrise e si lasciò avvolgere dalle sue braccia.
“Credo che dovresti fare un brindisi per Lucio.” Disse lei.
“A cosa dovrei brindare?”
“Al suo lavoro e al suo talento.”
“Lo sai che non sono bravo in queste cose.”
“Non è vero.”
“Perché non lo fai tu?” Le disse lui sorridendo.
“Sei tu il padrone di casa. È facile tesoro.”
Marieda si mise sull’attenti e gli spiegò come fare.
“Quando gli ospiti saranno arrivati, e dopo avere aspettato che tutti abbiano un bicchiere in mano, chiederai un momento di attenzione per brindare al nostro caro amico Lucio Fontana e al suo talento.”
“Dovrò interrompere la musica?” Disse lui.
“Certo, prendi accordi con il pianista. Gli dirai che a un tuo cenno vada in dissolvenza.”
“E dopo il brindisi?”
“Io inizierò l’applauso e vedrai che tutti mi verranno dietro. Poi mi avvicinerò al quadro di Lucio e toglierò il telo che lo copre.”
“D’accordo.” Disse lui mentre le sfiorava le labbra con un bacio.
La cameriera venne a chiamare Antonio, era arrivato il pianista e aspettava indicazioni per la serata. Lui chiese di farlo accomodare nello studio e disse che l’avrebbe raggiunto a minuti.
Marieda ne approfittò per un ultimo sopralluogo, non era convinta dei quadri scelti per l’ingresso. Andò nello sgabuzzino e guardò tra gli ultimi arrivi, scelse l’opera di Chighine.
Questo lavoro di Alfredo merita un suo spazio, si disse mentre guardava la parete cercando un’area in cui appenderlo.