La scorsa settimana sono stata coinvolta in una serata culinaria a Bigliolo in piena Lunigiana dove ho assaporato una delle migliori cucine casalinghe della mia vita. Sono sincera nel dire che se dovessi fare una lista questa sarebbe tra i primi tre classificati. I piatti erano quelli della tradizione locale e gli ingredienti erano genuini, frutto delle coltivazioni della zona. Il tutto cucinato con passione e amore da una cuoca che mi piace pensare si chiami Adelina perché il suo volto si sposa alla perfezione con questo nome. Mentre mangiavo immaginavo che in cucina ci fosse una signora di circa settant’anni, in carne e rotonda come una nonna e invece alla fine del pasto si è presentata a noi una ragazza dal viso sorridente che non avrà avuto più di trent’anni. Era timida di fronte ai complimenti e con umiltà ci ha confessato che per lei cucinare è un piacere. Al ritorno ho parlato con i compagni di cena per capire se sia possibile mettere a confronto la cucina di casa con quella di un grande chef. In automobile, durante il viaggio, è nata questa conversazione.
Ratatuia Metropolitana: Che differenze trovate fra la cucina di stasera e quella di un grande chef? Pensate che sia possibile un confronto?
Compagni di Cena (E. C. e C.): Ci sono tante differenze: le porzioni, il modo di presentare i piatti, la ricercatezza degli ingredienti.
RM: Sì certo ma se pensiamo all’esperienza? Intendo il gusto, il viaggio nel piacere sensoriale.
E. C. e C.: Abbiamo mangiato davvero bene stasera, io mi sento soddisfatto. Era tutto molto buono. Se penso al piacere sensoriale, confesso di averlo provato. Non avevo mai assaggiato la salsiccia con l’uva, forse questa potrebbe essere una ricerca simile a quella di un grande chef?
RM: Sì davvero un ottimo abbinamento ma credo che un grande chef non avrebbe mai presentato il piatto con gli acini d’uva interi. Probabilmente avrebbe creato una sorta di purea d’uva, avrebbe aggiunto qualche spezia delicata e avrebbe presentato la salsiccia a fettine sottili.
E. C. e C.: Sì, credo che in questo caso l’abilità dello chef avrebbe fatto la differenza. Comunque il piatto era ottimo e se chiudo gli occhi sento ancora il sapore sulle papille.
RM: Lo stesso vale per i testaroli, confesso che non ho mai assaggiato una pasta così buona. Mentre l’assaporavo potevo riconoscere la genuinità degli ingredienti per non parlare del pesto che non ha nulla a che vedere con quello che si trova al supermercato ma è anche distante dal pesto che ho assaggiato in ristoranti rinomati.
E. C. e C.: Era un pesto vivo nel quale gli ingredienti ti parlavano e ti raccontavano da dove erano venuti. Forse un grande chef avrebbe servito i testaroli in un piatto diverso e avrebbe usato un pesto meno denso, emulsionato. Non so, ho la sensazione che non mi sarebbero piaciuti così tanto.
RM: Hai ragione. I veri testaroli sono quelli che abbiamo mangiato stasera, il resto potrebbe essere un piatto d’ispirazione dove lo chef si cimenterebbe nella sua personale interpretazione. Credo che il grande chef parta da qualcosa di noto, che trova nella tradizione, per elaborarlo e proporre l’unicità.
Più tardi, dopo avere salutato i compagni di cena, ho immaginato il viaggio e il ritorno a casa. Quando si parte per un posto nuovo c’è l’entusiasmo della scoperta e si apprezza tutto ciò che è diverso dalle nostre abitudini. Il nostro bagaglio di esperienze si arricchisce e torniamo a casa portandoci dietro la conoscenza di cose nuove. Ma quando si varca la porta di casa propria ci sente bene, ci si rilassa e si riprende confidenza con la quotidianità. Forse sta qui la differenza fra le due cucine: il grande chef ci propone esperienze uniche e ci invita a esplorare nuovi luoghi come nel viaggio; la cucina casalinga rappresenta il ritorno a casa e l’abbraccio con le persone da cui siamo stati lontani per un po’.