L’esperienza del cibo

Ho conversato con la mia amica S. su questo tema perché entrambe abbiamo la passione per la buona tavola e ultimamente mi ha raccontato la sua esperienza al ristorante di uno chef blasonato. Da questo spunto abbiamo tratto qualche considerazione per immaginare quale sia la frontiera da esplorare per una vera esperienza del cibo.

Il racconto di S. L’altra sera sono stata a cena al ristorante di Cracco, era il nostro anniversario, così M. ed io abbiamo deciso di concederci questa pazzia. L’ambiente era molto accogliente e il servizio è stato ottimo. Abbiamo mangiato molto bene, avevo messo a budget una determinata cifra e alla fine abbiamo speso quello che immaginavamo.

(Glissiamo sul conto ma possiamo paragonarlo ad un week end in una capitale europea con un volo low cost e un albergo mediamente buono a 3 stelle, vitto escluso!)

La domanda di Ratatuia Metropolitana (RM). Ne è valsa la pena? Hai pagato il conto soddisfatta?

S. Sì, tutto davvero buono. Forse buono è riduttivo perché non ci siamo limitati a gustare dei buoni piatti che, visto che amo cucinare, avrei potuto fare io a casa. Abbiamo vissuto un’esperienza del gusto. Lo sai quanto mi appassioni la cucina e quanto io cerchi di sperimentare cose nuove, tuttavia non sarei mai arrivata a trovare certi abbinamenti o a individuare le modalità con cui gestire alcuni ingredienti e alcune preparazioni.

RM. Che cosa intendi? Che tipo di abbinamento ti ha sorpreso?

S. Ad esempio il rombo. Abbiamo scelto come secondo un rombo con crosta di cacao. Una cosa meravigliosa. Ho preparato diverse volte il pesce in crosta, anche il rombo, ma la crosta di cacao non l’avrei mai pensata e, anche ora che l’ho assaggiata e l’ho vista, non saprei come ripetere quel piatto. Non ho proprio idea di come si possa preparare. Lo stesso vale per uno degli antipasti, si tratta di tempura di verdure. Erano verdure diverse dal solito, ce n’era una che non saprei neanche definire, sembrava una foglia di acero, era buonissima. Il tempura poi, era strano, sottile. Forse hanno utilizzato un attrezzo che non conosco, doveva essere una piastra o qualcosa del genere. Non c’era la classica pastella del tempura, la puoi fare più o meno spessa ma un minimo di pastella di solito c’è. Lì non c’era, era tutto così sottile. Per non parlare del risotto con la polvere di barbabietola, non avrei idea di come ottenere la polvere della barbabietola.

RM. Credo che la grandezza di uno chef stia proprio in questo: sapere offrire agli ospiti un’esperienza indimenticabile. E come si ottiene questo? Attraverso la sperimentazione, la capacità di andare oltre la normalità. La scelta degli ingredienti è una delle caratteristiche ma poi serve la capacità di vedere oltre, di riuscire ad abbinare gli ingredienti in modo non tradizionale.

S. Concordo ma oltre a questo serve anche la capacità di sapere come gestire gli ingredienti. Si deve avere dimestichezza con il trattamento, decidere come utilizzare la barbabietola ad esempio. Se decidi di prepararci un risotto, devi trovare il modo giusto per utilizzarla: lessata, cruda, fritta….oppure in polvere.

Grazie a questa conversazione ho capito quale sia la differenza fra il sapere cucinare bene e l’avere le doti di un grande chef. Ci sono molti buoni ristoranti in cui si possono apprezzare ottimi cibi ma , per chi ha la passione per la cucina, la soddisfazione si trova da chi ci consente di fare un’esperienza che va oltre i nostri confini già noti.

Anche per il cibo, come per tanti altri aspetti della vita, l’esperienza che ci lascia senza fiato e che decodifichiamo come indimenticabile è quella che ci porta a scoprire ciò che ancora non conosciamo.

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