Il contesto. La mia amica S. è siciliana, è una bravissima cuoca ma non le piacciono: i peperoni, le olive, i capperi e l’uvetta. Per questo motivo non si è mai cimentata con la caponata, nonostante sia uno dei piatti tipici della sua terra d’origine. Io, e insieme a me una schiera di amici comuni, amo la caponata e avrei fatto di tutto per mangiare quella originale, preparata in casa con la ricetta di famiglia. Qualche sera fa è arrivato il momento. S. ci ha invitati a cena e ha presentato la caponata, quella fatta con la ricetta di suo padre, l’ing. Mimmo, che è un cuoco fantastico. Ho assaggiato qualcosa di indimenticabile, avrei voluto che non finisse mai e ho chiesto a S. di portarmene a casa un po’ per gustarla anche l’indomani.
Ho rivisto S. dopo qualche giorno e le ho chiesto la ricetta della caponata, mentre l’ascoltavo pensavo alle similitudini con la Ratatuia, due sorelle; si tratta di due diversi modi di interpretare una miscellanea di verdure dai sapori gustosi e avvolgenti ma in fondo lo stile è simile e di certo c’è una parentela. Conosco S. dai tempi dell’università, abbiamo festeggiato le nozze d’argento della nostra amicizia e abbiamo sempre sostenuto che ci fosse un gemellaggio fraterno fra di noi e le nostre terre. In questo caso parlerei di sorellanza, quella che c’è fra due piatti a noi cari e quella che mi ha dimostrato lei, regalandomi un cibo così prelibato. A voi la ricetta (quella originale!).
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