Jone Riva*

Jone_2Incontro la dottoressa Riva di venerdì, poco dopo mezzogiorno. Mi accompagna in un delizioso studiolo della Casa del Manzoni e, mentre mi siedo, osservo.
Fatico a non sentirmi trasportata all’indietro, negli anni in cui Don Lisander passeggiava per lo stesso corridoio che i miei passi hanno appena percorso, e mi lascio andare. Grazie alla dottoressa Jone Riva l’orologio cammina velocemente all’indietro e sono sicura che, da qualche parte del meraviglioso stabile, Alessandro Manzoni si stia sedendo per consumare il suo pranzo.
“Al venerdì compro i fiori, li metto in soggiorno e li guardo fino alla domenica”. È questa la prima cosa che mi dice la dottoressa, mentre commentiamo il finire della settimana di lavoro e, nonostante l’affermazione si riferisca alla sua abitazione, immagino che lo farebbe anche a Casa Manzoni.
La vedo mentre sistema un vaso di tulipani sul tavolino di fronte a noi, nel gesto che denota cura per la casa e senso di accoglienza per i visitatori.
La dottoressa Riva cominciò a frequentare la Casa ai tempi dell’università. Volendosi laureare con il Professor Enzo Noè Girardi accettò la tesi manzoniana che lui le propose anche se, come lei stessa confessa, ai tempi il Manzoni non era fra i suoi autori preferiti.
Iniziò a frequentare il Centro Nazionale di Studi Manzoniani per raccogliere materiale; il lavoro era così interessante che divenne difficile interromperlo. Sorridendo la dottoressa mi dice che Stava così bene nella Casa che non aveva nessuna intenzione di laurearsi. La spronò l’allora presidente, il Professor Claudio Cesare Secchi, che le propose di farla entrare al Centro Studi come ricercatrice, se si fosse laureata a giugno. L’invito fu così gradito che la dottoressa Riva fece immediatamente la richiesta al suo docente e, prima del mese di giugno, terminò la tesi e si laureò. Iniziò così la sua collaborazione e la sua costante frequentazione della Casa che, negli anni, non si è mai interrotta. Le vicende sono state tante, così come i presidenti del Centro, ma la sua presenza nella Casa è una costante. Insieme alle numerose ricerche, contenute in copiose pubblicazioni, ciò che la dottoressa Riva ha fatto negli anni è occuparsi della Casa, prendendosene cura, esercitando così la curatela delle atmosfere e valorizzando ciò che il luogo può trasmettere a chi lo visita.
All’inizio della sua attività si occupava di accompagnare le scuole e i visitatori spiegando ogni dettaglio e fornendo informazioni sulla quotidianità degli abitanti del palazzo. La Casa aiuta a capire, sostiene la dottoressa Riva. La Casa è ambiente di studio e consente di conoscere approfonditamente. Ad esempio, il fatto che lo studio di Manzoni fosse situato in un’area appartata, raggiungibile attraverso il cortile esterno, consente di capire bene le sue esigenze. La Casa parla molto, continua la dottoressa, l’arredamento francescano ci dice che Manzoni non era una persona che amava il lusso. Inoltre, secondo la dottoressa Riva, la presenza di tre poltrone diverse nel suo studio ci fa capire che Manzoni, più che all’estetica, era sensibile alla praticità e alla comodità, e soprattutto ci porta a comprendere come lui scandiva lo svolgere della sua giornata, in quella particolare poltrona di certo si sedeva per trovare benessere quando aveva male alla schiena.
La frequentazione della Casa e lo studio approfondito hanno dato modo alla dottoressa Riva di comprendere meglio la figura di Manzoni che, come lei stessa definisce, è l’autore della rilettura. Si apprezza nel tempo, quando non si è più costretti a studiarlo si comincia a capire.
Pensavo che fosse successo solo a me che al liceo ho avuto una professoressa di Italiano di nome Jone (Professoressa Jone Pasquini, che curiosa coincidenza!), un’insegnate che ho amato molto e della quale, a distanza di anni, sento ancora la voce decisa e perentoria nella spiegazione della Provvidenza. Io studiavo perché ero diligente ma non riuscivo a trovare nell’autore la stessa passione che mi scatenavano gli altri. Mi conforta sapere che è successo anche alla dottoressa Riva, che all’università vedeva il Manzoni come un autore molto posato ed era convinta che Lucia fosse una ragazza priva di personalità.
Ma, sedute di fronte, nello studiolo della Casa del Manzoni, ascolto con piacere la dottoressa Riva che mi spiega la forza di Lucia, dipingendola come colei che conduce il gioco e che esercita fino in fondo la sua volontà con la fermezza discreta dei suoi silenzi e dei suoi rossori. Tutto accade perché lei non cede a Don Rodrigo e perché non vuole un matrimonio clandestino. Lucia è un personaggio forte ma non è facile per una ragazza giovane capirla. Inoltre, a scuola il testo dei Promessi Sposi viene usato per imparare l’ortografia, per impratichirsi nel fare i riassunti; si parla delle Provvidenza e delle donne del Manzoni in termini didattici e questo rischia di impoverire il capolavoro.
Bisogna invece leggerlo e lasciare che le pagine entrino in noi e che ognuno elabori i contenuti in base alla propria esperienza. Mi dice questo la dottoressa Riva e sorridendo mi confessa che quando le diedero il titolo della tesi se ne andò a casa pensando di essere stata sfortunata ma, negli anni a venire, non ha mai smesso di ringraziare quel titolo che le diede l’opportunità di scoprire tutto quello che ancora non sapeva.
Passeggiando tra gli scritti, passiamo all’Adelchi e la dottoressa mi cita le parole di Ermengarda che sono state per lei una folgorazione.

 Amor tremendo è il mio;
Tu nol conosci ancora; oh! tutto ancora
Non tel mostrai; tu eri mio; 

Tu non conosci il mio amore, tutto non te lo mostrai. Sono parole di una donna innamorata, l’amore viene celebrato e Manzoni non si ritrae da questa celebrazione. È un sentimento che lui conosceva bene, anche attraverso Enrichetta che entrò a Casa Manzoni quando aveva sedici anni. Manzoni aveva una grande conoscenza dello spirito umano e soprattutto dello spirito femminile.
Ascoltando la dottoressa Riva mi rendo conto della meraviglia e, allo stesso tempo del mio privilegio, poiché ho di fronte una persona che conosce così bene la vita e gli aspetti intimi degli abitanti della Casa, che ha la capacità di interpolare i versi e le pagine del romanzo trovandone ragione nella quotidianità di Alessandro Manzoni. Le citazioni che mi regala la dottoressa Riva sono innumerevoli, così come la lettura di semplici gesti che spiegano il perché di alcune delle più belle pagine de I Promessi Sposi. Un romanzo che mi sembrava così distante, non solo per l’ambientazione ma anche per i personaggi che ritenevo antichi, diventa un romanzo prossimo, talmente vicino da farmi sentire le similitudini con alcune delle donne del Manzoni. Una storia tra le mura della Casa diventa una storia comune e mi svela la bravura di un maestro che è autobiografico senza esserlo. L’abilità dello scrittore aumenta all’aumentare della sua capacità di mettere una distanza fra la sua storia e quella che descrive. Quando questa distanza è diventata esponenziale allora abbiamo Alessandro Manzoni. Questa capacità ci fornisce la misura della conoscenza dell’essere umano da parte dell’autore, che è in grado di alzare verso l’assoluto un qualsiasi tema, un’emozione, un sentimento e persino un rossore, per renderli universali e farli parlare nei secoli.

Ringrazio la dottoressa Jone Riva e penso alla sua grande passione che è nata, ed è cresciuta nel tempo, a seguito di “una sfortuna”, come lei stessa ha ricordato sorridendo, quella di avere ricevuto l’assegnazione di una tesi manzoniana. Ammiro il suo coraggio per essere andata oltre, per avere accettato la proposta della vita che le ha riservato la possibilità di svolgere un lavoro che è prima di tutto un enorme piacere.
Se qualcuno la dipingesse dovrebbe scegliere colori decisi, come l’azzurro intenso a segnare la determinazione e il rosso della passione per ciò che svolge ogni giorno.
Non dovrà mancare il giallo, mescolato al bianco, per accentuare la luce che traspare dallo sguardo di gioia quando parla della Casa e dei suoi abitanti.

Nell’immagine di apertura: Tulipani di Pierre-Auguste Renoir, 1909

Screenshot*La dottoressa Jone Riva si è laureata in lettere all’Università Cattolica di Milano con il Professor Enzo Noè Girardi, discutendo una tesi sui rapporti intercorsi fra Manzoni e Tommaseo.  Nel 1985 fu nominata segretaria del Centro Nazionale Studi Manzoniani e dal 2000 ha la responsabilità della conservazione scientifica del Museo Manzoniano.

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