Il numero Uno. Quello che parte da Greco, nell’area che oggi è definita NO.LO (a nord di Loreto) e raggiunge il Sacco, passando per le vie del centro. In via Manzoni c’è la fermata del Teatro alla Scala ed è lì che una bambina, nei primi anni del dopoguerra milanese, si fermò per la sua prima audizione. La storia potrebbe essere quella di un’allieva qualsiasi, figlia di un tramviere che guidava il numero uno e che sognava di vederla ballare. Invece è quella di una fanciulla che è diventata una spettacolare farfalla e che ha raggiunto l’eccellenza nell’interpretazione di ruoli, come Giselle e Romeo e Giulietta, che ancora oggi ricordiamo per l’intensità che ha riempito le sue movenze. Quella ballerina si chiama Carla Fracci e la sua città le ha dedicato il numero uno. Quando ho appreso la notizia ho pensato che mai gesto fu più azzeccato, c’è tutto dentro a questa azione e forse, per chi non vive a Milano, non è semplice da cogliere. Eleganza è la parola che trovo più vicina, è il termine che racchiude la grazia, la semplicità, l’equilibrio ma anche la misura, quella di un lavoro costante fatto con dedizione, anelato non per la ricerca di riconoscimento ma perché si crede.
Immagino una fanciulla che, nei pomeriggi d’inverno, quando fa buio presto e l’aria fredda punge le guance, scenderà dal numero uno e camminerà verso il teatro con il suo zaino pieno di sogni.