Amicizia

Natale spettinato

Natale_spettinato“In un momento come questo, regalare un’emozione mi è sembrata l’idea migliore.” È quello che mi ha detto la mia amica F., quando l’ho chiamata per ringraziarla del dono che avevo ricevuto da lei.
È stato inaspettato. Ero in casa, stavo chiudendo il computer perché avevo appena finito di lavorare. Dalla mia finestra guardavo la luce della sera, mentre decidevo che cosa cucinare per cena, ma il pensiero si è interrotto perché è squillato il telefono. Una voce accogliente si è presentata come messaggero, mi ha informata che c’era un regalo da parte di F.
“Si metta comoda e ascolti.” Ha ripetuto per un paio di volte chi parlava dall’altro capo della cornetta.
Mentre cercavo di mettere in fila le informazioni, ispezionando le parole per avere il controllo, ho capito che dovevo lasciarmi andare. Non mi riesce, è spesso una sfida che lancio a me stessa, mi metto alla prova per vedere se ci casco e spesso ne resto vittima. Il controllo non si sposa con le briglie sciolte. In linea teorica, dopo anni di sudore lasciato sul tappetino di yoga, so che cosa significa mollare la presa, ma metterlo in pratica mi risulta ancora difficile.
È stata quella voce sconosciuta a guidarmi. Più parlava e più mi abbandonavo e mi vedevo. Stava recitando una poesia in cui mi sono trovata, parlava di un tempo spettinato, mi descriveva il profumo di zagare insieme a luoghi che mi sembrava di avere visitato. Mi sono lasciata andare e ho capito che la mia amica F. mi conosce. La nostra è un’amicizia di lunga data, nata sui banchetti dell’asilo ma, grazie a questa poesia, lei mi ha fatto capire che cosa significa conoscere una persona. Vuole dire cogliere il suo cambiamento, accettarlo, vedere nell’amica il nuovo, ammirare il lavoro che è stato fatto, comprendere che il cammino continua.
Ho ringraziato F. non solo per l’idea di una poesia recitata al telefono ma perché, riconoscendomi, mi ha dato l’opportunità di avere coraggio e di apprezzare i miei cambiamenti, così come fanno le persone che mi vogliono bene.
Auguro a tutti un Natale spettinato che per me significa fare sedere sé stessi intorno alla tavola imbandita a festa.

Nell’immagine: Young woman decorates the Christmas tree, Rieder Marcel (1898)

[Nota 1] Riporto di seguito la poesia recitata al telefono.

Tempo spettinato
di Inmaculada Mengìbar

Lo stesso odore di tempo spettinato.
Le stessa strade, gli stessi semafori,
la farmacia di fronte, il Caffè dei poeti
solitario come l’aula che oggi mi ha parlato
di te in letteratura. Ed è identico
l’ineffabile tocco della notte sulle spalle
nude al calore del mistero o del verso,
e il modo in cui accorrono i portici ai miei occhi,
la memoria di strade con coppiette lentissime,
mesi, date, banchine, mattinate, che sfiorano
le zagare di quelle notti
che mi sanno ancora tutta loro.

Lo stesso odore di tempo spettinato.
Va affiorando una schiera dorata di lampioni
che fa tremare una briciola
di buio sulle tue labbra. E una bambina
si scioglie in palpiti di là dei tuoi occhi
mentre tu ti intrattieni
a slacciare
la paura.

Quanto silenzio
che si accumula
nel breve spazio da una bocca a un’altra
fino a fondare il bacio. Quanti anni
per scoprire alla fine quanto lontano, si, quanto lontani
si ritrovano sempre due corpi che si amano.

Tutto quello che mai siamo riusciti a dirci
in quella città d’autunno,
mi parla
col tuo accento di cose per sempre perdute.

E da qualche luogo
forse del disamore, o dell’oblio
di quello che mi ha reso felice, forse, un tempo,
– le tue mani, la tua pelle – mi giunge adesso
un odore di zagare che mi avvolge e che bacia
dolcemente i miei occhi, le mie labbra, un momento,
mentre chiudo il balcone.

[Nota 2] Il progetto è curato da un gruppo di attori che ha avuto un’idea meravigliosa. Per saperne di più.

Giovinezza

GiovinezzaQuando gli anni si accumulano, uno accanto all’altro, come libri stipati sugli scaffali, ci si trova a pensare alle persone che si sono incontrate. È spesso un pensiero fugace, figlio di un ricordo che riaffiora da una canzone, o dalle pagine di un’agenda di anni lontani, che non si butta per pudore. A volte un’immagine tiene un’imboscata alla mente, arriva all’improvviso, ci porta indietro, verso il volto di qualcuno che non vediamo da anni. Mi capita di dedicare qualche istante a quel viso, lo ricordo come era allora e mi chiedo se sia cambiato. Mi domando se il suo percorso sia continuato nella mia stessa città, forse no, non ci siamo più incontrati, neanche per caso.
Qualche settimana fa è successo. Una di quelle immagini è affiorata nella mia mente. È stato un episodio inutile: tenevo fra le mani il bollitore, lo stavo riempiendo con l’acqua per preparare il tè, e ho pensato che quell’oggetto fosse simile a quello che aveva acquistato una delle ragazze con cui studiavo all’università. Ho sentito la sua voce, ridanciana e soddisfatta, che mi mostrava l’acquisto di cui era fiera.
Era la prima volta che mi capitava, eppure utilizzo quel bollitore quotidianamente, da un numero di anni che si contano in doppia cifra. Avevo dimenticato l’episodio inutile ma poi, a distanza di qualche giorno, ero seduta ad ascoltare una conferenza e quando mi sono alzata ho sentito qualcuno che mi chiamava: la stessa voce della compagna di studi soddisfatta del suo bollitore. Ci siamo ritrovate, dopo più di vent’anni. Eravamo mascherate, come consuetudine vuole in questo periodo, io l’ho riconosciuta dalla voce e lei, così mi ha detto, dalle mani. Ci siamo accordate per un incontro dedicato ai racconti, l’intento era di provare a colmare quegli anni con un reciproco scambio di informazioni ma così è stato solo in parte perché, chiacchierando, abbiamo scoperto di avere più cose in comune oggi che allora. Forse è per quello che ci siamo perse di vista, e non tanto perché il cellulare non era così diffuso.
Ci siamo confrontate sulle aspirazioni e abbiamo individuato un elenco più nitido, abbiamo constatato una maggiore consapevolezza del cammino da intraprendere e una volontà più definita. Che sia questa la giovinezza? Mi piace definirla come la dichiarazione di non essere gente imbelle e l’accompagno all’esperienza, che ha fornito la giusta comprensione del lavoro necessario per una conquista. Molto sta nel motore, nell’alimento che ci dona un progetto, nel sentirsi parte. Credo che siano queste le componenti della costante giovinezza, di uno stato, che può accompagnarci sempre, indipendentemente dall’età anagrafica.
Tornando a casa, dopo avere salutato V., è questo il nome della voce ridanciana, ho pensato che quell’episodio inutile del bollitore sia stato foriero di un accadimento importante, ma soprattutto mi ha fatto comprendere che sono io a decidere se essere imbelle o meno.

Nell’immagine: Edward Hopper. The Lee Shore, 1941.