Fotografia

Fotografia

La mia amica R. mi ha fatto vedere una fotografia in bianco e nero che la ritrae accanto alla sua nipotina nel giorno della Cresima. È passato un po’ di tempo da quello scatto, basti pensare che la sua nipotina ha un figlio che si è laureato l’anno scorso. Mi piace quell’immagine ed è piaciuta anche a R. che ha deciso di renderla digitale per ospitarla nella chat del suo smartphone.
Ricordo le fotografie della mia infanzia e ripercorro le occasioni in cui si decideva di immortalare l’evento; accadeva nei momenti importanti ed era affidato al professionista. Ad un certo punto avevano cominciato a circolare le prime macchine fotografiche, ho memoria anche di quegli scatti, li ho registrati tutti fino al giorno in cui arrivò l’istantanea, quella che non aveva bisogno dei tempi di sviluppo, usciva come una lingua e si dovevano aspettare pochi minuti per vedere l’effetto. Ne conservo qualcuna, mi ritraggono goffa o mossa, a volte con gli occhi chiusi ma hanno reso eterno il momento. C’è una situazione dietro a quello scatto; penso ad una foto in cui stavo mangiando delle patate al ristorante, avrò avuto otto anni, me la fece mia madre. Ricordo quella vacanza, eravamo al mare e ho in mente la spiaggia e la disposizione dello sdraio, rivivo il sorriso di mia madre e la sua pazienza di fronte ai miei capricci perché preferivo le patate arrosto all’insalata. Oggi con lo smartphone è tutto più facile, si fanno migliaia di scatti e si butta ciò che non va bene, non si deve attendere e ci si può fare il selfie. Si prova, si sbaglia, si taglia, ci si mette in posa e si utilizzano effetti speciali. Continuo ad essere parsimoniosa, registro ciò che ritengo importante, mi piace sapere che c’è una situazione dietro all’immagine, è quello che dà lo spessore, è la profondità di una dimensione in più; penso alla complicità tra i soggetti e il fotografo e sono convinta che in questo modo il ricordo rimanga vivo, l’esperienza sarà registrata.

Gli istanti di Instagram

Follower, seguaci, fan, post, twit, hashtag, like e cuoricini rossi. Ne parlavo l’altra sera a cena con la mia amica S. che fa un lavoro molto distante dal digitale e non ha nessun account social, a parte Linkedin che ha aperto solo perché rientra nelle linee guida dell’azienda in cui lavora e, come dice lei, glielo hanno imposto.
Cercavo di mostrarle che i social network hanno cambiato il nostro linguaggio, insieme al nostro modo di socializzare e di comunicare con le persone.
L’abbiamo sperimentato tutti, dicevo a S., a dosi diverse e con modalità proprie; chi usa questi media per stare più vicino agli amici che vede di rado, qualcuno lo fa per sentirsi meno solo e per condividere la propria quotidianità, altri hanno trovato uno spazio in cui manifestarsi.
S. mi guardava attonita, come se venisse da un pianeta in cui i social network non esistono.
Instagram è uno dei più diffusi, continuavo, conta più di 800 milioni di utenti attivi al mese[1], solo in Italia sono circa 14 milioni[2] che significa quasi un quarto della popolazione. Attraverso Instagram è possibile condividere immagini, fotografie, disegni, brevi video, istantanee; momenti catturati e diffusi immediatamente in tutto il mondo. Un tramonto al mare, una giornata di sole sotto alla Tourre Eiffel o davanti al Colosseo, un piatto preparato da un noto chef, i primi passi del proprio figlio, un abbraccio, un paio di scarpe nuove ma anche un’opera d’arte o l’ultimo libro che si è letto; tutto può essere catturato e condiviso. Immagini che si propagano nella rete Internet e che arrivano ovunque; l’opportunità di avere una vetrina davanti alla quale passeggia la popolazione di tutto il mondo.
Molti l’hanno colta. Ci sono artigiani che propongono i propri prodotti e possono farsi conoscere senza utilizzare i tradizionali canali distributivi; artisti che espongono le proprie opere al di fuori delle gallerie d’arte nelle quali avrebbero un pubblico minore; personaggi a cui è riconosciuta la qualifica di influencer e per questo motivo mostrano ciò che indossano o i luoghi che frequentano con la volontà di influenzare le scelte di acquisto del pubblico che li osserva. Sono nate, grazie a Instagram, nuove professioni ma anche nuove mode e modalità, nuove forme di rappresentazione. In campo artistico, ad esempio, gli scenari possibili sono tanti: si può ammirare la fotografia dell’opera di un pittore così come il video del pittore stesso all’opera, per condividere il momento in cui nasce l’ispirazione. L’opera d’arte può nascere con il solo intento di essere condivisa su Instagram e vivere per un tempo limitato, al massimo 24 ore, per poi svanire senza lasciare traccia se non il ricordo fra chi l’ha potuta vedere per qualche istante.
Ma chi sono questi influencer? Mi ha chiesto S. con aria stranita.
Sono figure che hanno imparato a sfruttare la grande vetrina dando seguito a una trasformazione del modo in cui viene fatta la pubblicità. Non c’è più il prodotto al centro del messaggio promozionale ma c’è una persona, con il proprio stile di vita, con momenti pubblici e privati. Il soggetto, il cosiddetto influenzatore, utilizza un prodotto e ne parla al pubblico che valuterà se comprare.
Quindi, ha detto S., una persona si fa fotografare con un prodotto e gli altri decidono di comprarlo? Ma è come il testimonial. Quante persone famose hanno prestato il loro volto a un detersivo o a un pacco di pasta? Che novità è?
È diverso, ho risposto a S., il confine fra realtà e finzione è molto labile. Il testimonial faceva uno spot e recitava una parte, qui il prodotto è dentro alla vita personale. Un personaggio si fa fotografare a casa sua, con il suo cane e la sua famiglia. O per lo meno, questo è quello che ci fanno intendere. Chissà magari anche loro stanno su un set, te lo ricordi il Truman show?
Sì, sarà stato vent’anni fa. Vuoi dire che è tutta una grande finzione? Mi ha chiesto S.
Tutto avviene attraverso le immagini che danno una forma concreta ai pensieri, in maniera istantanea. Ho detto a S.
Quali sono i nostri pensieri? Riusciamo a individuare ciò che più ci interessa tra gli innumerevoli stimoli che riceviamo? A noi la scelta.
S. mi ha guardata per un istante e poi ha detto: “Io prendo un caffè e tu?”

[1] Utenti attivi: persone che ogni mese dedicano del loro tempo, almeno mezz’ora, a consultare e visitare le pagine del social network. Fonte dati: dichiarazione di Carolyn Everson, vicepresidente delle soluzioni marketing globali di Facebook. Settembre 2017.

[2] Fonte dati: Wired Italia, giugno 2017.

Nell’immagine: Le Baiser Blotto, 1950 di Robert Doisneau