Amo il rosso. È un colore che mi rassicura, mi avvolge, mi fa sentire a mio agio. Dev’essere un tema di vibrazioni, ho letto da qualche parte che i colori hanno una frequenza sulla quale ci si può sentire più o meno bene. Scelgo spesso il rosso nel mio abbigliamento ma la cosa che più adoro sono le scarpe rosse. Ne ho avute tante e continuo a cercarle, ogni volta che un paio si consuma vado immediatamente alla ricerca di un sostituto. La scarpa rossa mi porta alla mente una storia fantastica, quella di Dorothy e del Mago di Oz e forse per questo ho sempre attribuito il senso di un porta fortuna a questo oggetto. Indosso le mie scarpette e mi sento pronta ad affrontare la giornata, a dialogare con le persone, a fare le scelte giuste. La storia di Dorothy ha però qualcosa in più, un significato che ho colto dopo tanto tempo: le scarpette rosse sono sempre con me, anche quando non le indosso. Così come per il leone, che ha mostrato sul campo il suo coraggio e non gli serviva certo una medaglia per convincersi di averlo, o per l’uomo di latta, che ha dato prova del suo buon cuore e non aveva bisogno di certificazioni per diventare sensibile, anche noi dobbiamo ricordare che la nostra forza c’è e non ci abbandona mai. Abbiamo tante capacità, basta solo conoscersi in profondità e avere fiducia in noi stessi.
Forza
Chi ha tempo non aspetti tempo
Ritorno spesso con la mente a questo detto popolare che mi ripeteva mio nonno quando ero piccola. Lo ricordo perfettamente, era un uomo di altri tempi che mi sembrava anacronistico anche allora perché vestiva con un abito elegante, teneva l’orologio nel taschino del panciotto e metteva sempre il suo cappello Borsalino per uscire. Io tornavo da scuola e lui immediatamente mi spronava a mettermi all’opera per fare i compiti, io facevo i capricci e dicevo che li avrei fatti dopo. Dopo avere pranzato, dopo i cartoni animati, dopo avere giocato, dopo tutto. Lui mi guardava con aria seria ma pacata ripetendomi “chi ha tempo non aspetti tempo”. Ci ho messo anni per capire che cosa intendesse. Il suo non era un rimprovero, non voleva neppure esortarmi a pensare prima al dovere e poi al piacere; la sua intenzione era quella di farmi capire che il tempo è un bene prezioso e che va sfruttato nel migliore dei modi. Per lui significava guidarmi perché io mi concentrassi sul mio obiettivo che allora era il percorso scolastico di cui i compiti rappresentavano un punto del processo. Il rimandare mi avrebbe distolto dall’obiettivo e, aspetto forse più grave, mi avrebbe trascinato verso la cattiva abitudine di rimandare le cose importanti della vita. Credo che mio nonno volesse dirmi questo, volesse insegnarmi a non rimandare ma ad affrontare sempre le questioni che ci capitano nel quotidiano. Solo affrontandole potremo superarle e andare avanti.