Come facevamo senza smartphone?

“Lo tieni come se fosse l’immagine di Gesù”
Me l’ha detto l’altro giorno uno dei ragazzi millennial che fa parte dei creativi nell’azienda in cui lavoro. Mi impressiona ogni volta che lo vedo al computer perché è in grado di utilizzare contemporaneamente: PC, MAC, Tablet, Iphone e tutto ciò che di tecnologico gli passa accanto.
Io ero in coda alla macchinetta del caffè e tenevo il mio smartphone tra le mani posate sul cuore. Ero intenta nei miei pensieri, percorrevo a mente la mia agenda e le sue parole mi hanno riportata alla realtà. Mi sono guardata e custodivo il mio cellulare come se fosse il bene più prezioso.
“Fa freddo e sto così per tenere chiusa la giacca.”
Gli ho risposto proponendo il primo alibi che mi è venuto in mente. Mi ha sorriso e se n’è andato. Io ho preso il mio caffè, sono tornata alla scrivania e ho pensato che non abbandono lo smartphone nemmeno quando vado in bagno. Gli uffici si sviluppano su più piani e quando mi sposto per andare a una riunione sfrutto i minuti in ascensore per consultare la posta elettronica sul mio smartphone. Malattia? Perversione? Capita anche sui mezzi pubblici, tutti a testa in giù sul proprio cellulare. E quando si va a cena con gli amici? Tra un piatto e l’altro si estrae il cellulare e a volte ci mandiamo messaggi anche se siamo seduti di fronte. Che cosa è successo? Ma soprattutto come facevamo a vivere senza smartphone? Vado con la memoria ai tempi dell’adolescenza, faccio parte della generazione del telefono fisso. A casa mia stava in soggiorno e tutti dovevamo parlare davanti a tutti; non ci fu privacy fino al giorno in cui mia madre comprò una prolunga per il filo. Poi arrivò il cordless, continuavamo a litigare per mantenere libera la linea ma quella splendida invenzione mi consentiva di ritirarmi in cameretta a parlare con le amiche, oppure con il fidanzatino del momento. Niente messaggi, niente faccine o cuoricini, niente foto, solo voce. E quando si usciva? Non riesco più a ricordare come facevamo a metterci d’accordo, forse ci si vedeva in piazza e poi si decideva, e se qualcuno era in ritardo? Non ho più memoria. Il nostro modo di comunicare è così cambiato che non saprei più raccontare il prima anche se l’ho vissuto. Ci penso ma non mi viene in mente niente. Ricordo solo il batticuore, quello provocato dal telefono che squillava la sera, mia madre mi chiamava:
“C’è M. vieni?”
Io mi schiarivo la voce, passavo qualche secondo davanti allo specchio per sistemare i capelli e poi mi sedevo sulla sedia. Avevo trovato una posizione comoda, tiravo il filo lungo dell’apparecchio e mi rintanavo in cucina, la porta non si chiudeva, restava una fessura per il cavo ma in soggiorno c’era la televisione accesa ed ero sicura che non mi sentissero.

2 comments

  1. Che flashback che mi hai fatto rivivere. È vero non abbiamo più memoria di come si “faceva senza smartphone”. È necessario un po’ di sforzo e ricordo che certi appuntamenti, almeno finché nessuno possedeva la patente, erano fissi: tipo alle ore x o y davanti alla gelateria, chi c’era c’era e l’assenza era sinonimo di impedimento improvviso che nessuno si preoccupava di sapere. La serata si sarebbe comunque svolta con i presenti.
    Oppure ci si accordava con una telefonata tra i due più “carichi” della compagnia e poi via di passaparola sempre telefonico col fisso: io chiamo F. e gli dico che avverta M. e S. e tu chiama L. che a sua volta lo dirà a M. e a C. Perché poi anche le telefonate avevano un costo ben diverso da oggi e di solito, chi in casa “pagava”, non mancava, ad ogni bimestre, di evidenziare l’aumento della SIP, Grazie “Ratatuia Metropolitana” per questo piccolo tuffo negli anni 80 e 90… Concludo la giornata e inizio la settimana col sorriso sulle labbra..
    Diego

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