Madre-figlia

Un cerchio d’amore

Cerchio_amorePasseggio fra le parole. Ho dedicato molto tempo alla lettura, nelle ultime settimane l’ho preferita alla radio e alla televisione, e anche a tutto il resto. Mi sono legata a certe frasi che hanno aperto la porta a un pensiero, spesso a un’emozione.
Micrometriche descrizioni di un tramonto, di un’alba, della luna, mi hanno dato sollievo, consentendomi di guardare in alto, per apprezzare la bellezza che esiste perpetua. Ho ricordato i temporali d’estate, quando ero bambina e restavo insieme a mia madre a osservare dalla finestra. Il profumo della pioggia che si scaglia sul terreno arso, scatenando l’odore del bagnato mescolato agli idrocarburi sputati dalle zolle, l’ho sentito. Ho pensato alla miccia che scatena l’incendio e al suo antidoto, in grado di domare. La natura ci offre la soluzione, il sistema è perfetto e interviene per lenire l’aridità prima della combustione. Questo l’ho scoperto dopo, mentre ero là, piccola e muta di fronte alla possanza dell’acqua, indugiavo nell’abbraccio di mia madre, che non parlava ma appoggiava il suo capo al mio e per me era sufficiente per sapere che di lì a poco l’acquazzone sarebbe finito.
In questi giorni di tempesta cerco le parole di mia madre, provo a immaginare che cosa avrebbe detto, forse avrebbe faticato a trovare quelle giuste, avrebbe preferito il silenzio, almeno per un po’, e con pazienza si sarebbe messa all’opera per preparare un dolce, come antidoto all’amarezza. L’ho fatto anche io. Anche se non sono mai stata golosa, ho deciso di ritrovare il sapore di quella torta che mi dava conforto nelle giornate molto fredde. Non ricordo tutti gli ingredienti, ho usato l’improvvisazione ma ho tenuto viva l’intenzione: l’amore. Mescolando, muovendo il cucchiaio per comporre dei cerchi, ho dato forza alla dolcezza perché possa avere il sopravvento. Ho fatto attenzione alle dosi, ho misurato la quantità di zucchero per non eccedere. Mi sono ricordata di un gelato che consumavo tanti anni fa e che era talmente dolce da essere salato. È come un cerchio, un insieme infinito di punti che esprime diverse gradazioni fino al punto congiunto, in cui i differenti si toccano e si confondono in uno solo.
Dopo avere composto il mio dolce sono tornata alla passeggiata fra le parole. È arrivata alla mia mente “Little is left to tell” (trad. Poco resta ancora da dire – tratta da un’opera di Samuel Beckett) e ho pensato che in ogni parola c’è un silenzio, perché la lettera che è stata detta tace e quella che attende è muta. C’è un’economia insita nelle parole che, se abbinata al cerchio in cui i differenti si toccano, allora è bene che, durante la burrasca, si parli il meno possibile ma ci si tenga per mano, stringendo la presa.

Nell’immagine: Madre con bambino, Pablo Picasso 1902.

Il ballo

Il_BalloIl ballo di Irène Némirovsky, Edizione originale 1930; 1° edizione italiana 1989 per Piccola Biblioteca Adelphi.

Ho ripreso questo libro ultimamente, ne ho sentito parlare di nuovo, dopo un po’ di tempo dalla mia prima lettura, e ho desiderato ripercorrere la storia di Antoinette. Si tratta di un romanzo molto breve che ha la capacità di condensare in poche pagine temi articolati e complessi. Fra tutti, quello che più mi ha portata a riflettere, è la rivalità madre-figlia e la conseguente vendetta che la piccola protagonista mette in pratica. Mi sono chiesta se sia possibile arrivare a una tale crudeltà, forse sì. Nell’età dell’adolescenza si può essere capaci di gesti smisurati dei quali non si ha la consapevolezza delle conseguenza; si tratta di un’età in cui tutto sembra essere concesso; probabilmente la propria sensibilità viene alterata dal bisogno di cure e di amore da parte dei genitori che, a volte, hanno molte altre faccende in cui impegnarsi. Difficile dire chi abbia ragione tra la madre e la figlia, il pensiero cade su chi è più adulto e dovrebbe essere in grado di sentire che qualcosa può accadere.