Credo che non sia facile trovare il tipo di cappello che più ci sta bene, quello con cui ci sentiamo a nostro agio; io mi trovo bene con il basco. Mia madre me lo metteva da piccola, ricordo che me ne comprava uno per ogni colore e amava farmelo indossare in tinta con la tonalità del vestito che sceglieva per me. Crescendo, e dovendomi difendere dal freddo e dalla pioggia, ho continuato a indossare quel tipo di cappello, forse per abitudine o forse per affezione. Tra quelli che ho ce n’è uno che mi piace più degli altri, ha la giusta larghezza e mi sta comodo, ha un colore neutro che posso mettere con tutto, è caldo, copre molto bene la fronte e me lo regalò una persona per me importante.
Qualche giorno fa l’ho perso, non so come sia accaduto, prima era nella mia borsa e poi non c’era più. Il mio basco preferito deve essere caduto per strada e, nonostante abbia provato a cercarlo ripercorrendo a ritroso il tragitto, è come se l’asfalto l’avesse inghiottito, volatilizzato, mangiato da qualcuno che passava, preso dagli alieni, non so. Scomparso. Sono tornata a casa e ho cercato di farmene una ragione, ho pensato che un altro basco simile a quello lo troverò da qualche parte prima o poi.
Il vero punto però è che quel basco non ci sarà più e a questo è difficile abituarmi. Ho la tendenza a restare attaccata alle cose perché le cose mi ricordano le persone e, quando le persone non ci sono più, ho la sensazione che le cose mi permettano di restare in contatto con loro. Devo provare a cambiare punto di vista, in fondo il contatto può avvenire anche in modo diretto, pensando con amore a chi se n’è andato. Voglio riuscire a lasciare andare le cose.
Nell’immagine: La sciarpa blu di Tamara de Lempicka, 1930.