A me piace molto, mi rendo conto che non sia una cosa per tutti, la musica classica non è tanto diffusa e trovare qualcuno che resti incantato dall’ascolto di Chopin è raro, almeno fra le persone che hanno meno di sessant’anni. Parlo di persone comuni, che si incontrano ogni giorno: un collega di lavoro, un cameriere del bar in cui si prende il caffè al mattino, il genitore di un compagno di scuola del proprio figlio. Probabilmente se andassi a pranzo in qualche locale della zona del Conservatorio troverei molte persone affascinate da Chopin e forse qualche studente lo ascolta nelle cuffie, come capita a me mentre giro per Milano in bicicletta. Che cosa porta una persona a scegliere Chopin anziché l’ultima hit commerciale? Non voglio dire che le due opzioni siano esclusive, possono piacere entrambe e in ognuna ci si può trovare qualcosa che faccia stare bene. Tuttavia penso che alcune persone non si pongano neanche il tema della scelta, per loro Chopin è uno sconosciuto e probabilmente non hanno voglia di entrarci in contatto. Legittima posizione, non la discuto. Eppure è così bello essere accolti dalla sua musica, ascoltare la circolarità della sua sinfonia, la pienezza che regala. Questo è quello che sento quando lo ascolto e, al di là dei gusti musicali, mi trovo bene con le persone che sanno apprezzare Chopin, quelle che lo riconoscono e sono capaci di emozionarsi sulle sue note. C’è stato un tempo in cui pensavo che fosse giusto fare questa domanda all’inizio di una conversazione, come se fosse un’aggiunta ai primi convenevoli. “Piacere, mi chiamo S., le piace Chopin?” Così diventa facile, in caso affermativo si dialoga con gente che ha la stessa frequenza e se la risposta è negativa si alzano i tacchi con una scusa. Poi ho capito che la varietà umana è bella e va conosciuta; ci sono tante storie da ascoltare e tanti racconti fatti da chi non ama Chopin. Esiste un mondo di esperienze da cogliere e da comprendere, soprattutto da parte di chi è diverso da noi. È più difficile, serve tempo, ma ne vale la pena.
Citazione
La citazione
Nelle ultime settimane mi sono imbattuta spesso in questa parola e, poiché le parole non vengono a noi per caso, sono stata stimolata a entrare nella profondità del suo significato. Restringo l’ambito alla citazione in campo artistico (letterario, pittorico, fotografico, cinematografico…) per provare a dare una semplice definizione che ho raccolto mettendo insieme diversi pensieri. La citazione avviene quando nella costruzione di una qualsiasi forma di espressione chi la crea inserisce un elemento preso da un autore che ha fatto già qualcosa di simile. Il senso della citazione è rendere omaggio al maestro. Chi decide di citare esprime la propria stima e il rispetto per colui che è venuto prima e ha lasciato qualcosa di grande, è come se fosse un percorso, un passaggio di testimone che dura per secoli nel cammino dell’evoluzione dell’uomo. Mi piace questa immagine perché consente di vedere gli individui come un tutto ed è in antitesi rispetto alla solitudine e al senso d’isolamento della nostra società che, schermandosi dietro la ricerca dell’originalità ad ogni costo, si manifesta come un insieme di punti, al più una serie di segmenti che restano separati tra loro e rischiano di perdere il loro senso. Forse la ricerca dell’originalità non è altro che la consapevolezza delle origini, è lì che si trova il tutto. L’insieme delle persone è movimento, il cammino corale porta un’energia maggiore rispetto a quella del singolo, certo bisogna essere consapevoli e citare richiede la responsabilità di conoscere e portare il giusto rispetto a chi ci ha preceduto, non cadendo nell’errore del plagio che è cosa diversa.
L’immagine è una fotografia di Tina Modotti che ha dato il via a questo pensiero sulla citazione.