Quando preparo il ragù, quello con la ricetta originale della mia nonna, penso a lei e ricordo un pezzo della mia infanzia.
Gli ingredienti segreti me li hai confessati tardi, verso la fine, quando avevi capito che era giusto passare il testimone.
Ricordo che andavo nella dispensa di nascosto, sapevo che avevi depositato là il pentolone, mi portavo un pezzo di pane, aprivo il coperchio e intingevo la mollica fino a quando non si riempiva di sugo e di pezzetti di carne. Stavo al buio per non farmi scoprire ma regolarmente mi cadeva una goccia sulla maglietta e quando tornavo in soggiorno te ne accorgevi.
“Hai assaggiato il ragù?” Mi dicevi.
Facevo l’indifferente ma poi mi facevi segno di guardare giù sullo stomaco e vedevo le gocce arancioni di olio e pomodoro.
“Nonna, mi sono macchiata.” Ti dicevo.
“Vai a cambiarti e la prossima volta accendi la luce.”
In casa il ragù c’era sempre, lo preparavi ogni settimana e si mangiava quasi ogni giorno. Credo che fosse per la questione della guerra. Il nonno non sopportava di mangiare la pasta al pomodoro, diceva che era cibo per poveri, noi la carne la potevamo comprare, per questo ti chiedeva di fare il ragù. Lui amava le tagliatelle, tu invece preferivi i maccheroni, per non litigare chiedevi a me ma io stavo con il nonno. Continua a leggere.